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This article was written on 18 Mar 2014, and is filled under Personaggi.

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Massimo Ranieri si racconta

Massimo Ranieri 08TORINO– Ricordi, poesia e, naturalmente, musica: sono gli ingredienti principali di “Sogno e Son Desto”, spettacolo dedicato al coraggio degli ultimi e alla dignità di ciascuno di noi. Il poliedrico Massimo Ranieri, ci accoglie con il garbo e signorilità che lo ha sempre contraddistinto nel camerino del Teatro Alfieri a poche ore dalla sua performance.
Una piacevole chiacchierata informale Giovanni Calone (vero nome dell’artista), che prosegue questo nuovo recital sotto la Mole, le cui parole chiavi sono dignità, coraggio e sogno. E proprio il cantante, attore, ballerino, regista, scrittore ci spiega la loro importanza: «Il concetto di dignità me lo ha inculcato mio padre quando avevo 7 o 8 anni: lui era un operaio all’Italsider di Bagnoli e si alzava all’alba e tornava alla sera, ma quando indossava una giacca diventava un principe, come Totò. Aveva avuto un’infanzia molto difficile, orfano di guerra, era cresciuto in orfanotrofio dove si distraeva suonando una trombetta, dimostrando interesse per la musica e infatti, per questa sua inclinazione mi incoraggiò fin dall’inizio a dedicarmi al canto. Lui mi ha sempre parlato di dignità intellettuale, di non cadere nelle cose semplicistiche. Il coraggio è fondamentale per affrontare la vita di tutti i giorni, soprattutto in questi ultimi anni segnati dalla crisi in un paese meraviglioso come l’Italia, rovinato e devastato dai politici. Ma la vita è un sogno da realizzare e io non ho mai smesso di sognare».
Restando all’attualità di “Sogno e son desto”, le canzoni sono tutte canzoni italiane, tranne la sua magnifica interpretazione di “Comme ils silent”, nella versione italiana di “Come si dice”. Il brano in cui 44 anni fa Aznavour interpretava un omosessuale. A proposito di coraggio…
«Ci fa capire come eravamo e come siamo oggi: su certi temi le cose sono pure peggiorate, almeno qui da noi. Aznavour è un altro dei miei miti. Ecco, cantare le sue cose mi fa sempre tremare i polsi, specie un capolavoro simile. Le ginocchia mi ballarono quando una volta me lo vidi in platea, accanto a Claudia Cardinale, mentre mi esibivo all’Olympia di Parigi. Ci conoscemmo: e per un suo compleanno gli regalai un ulivo di Puglia. Lui possiede un terreno dove ne avrà seicento, di alberi. È sempre stato un bon vivant. Ama il vino toscano, la pasta e fagioli…».Massimo Ranieri 06
Questo spettacolo teatrale avrà anche una valenza internazionale: «Si, è vero. Ad aprile sono previste anche due date negli Stati Uniti e una in Canada. E prossimamente tornerò a esibirmi anche in Francia, all’Olympia di Parigi».
Massimo Ranieri è un uomo che non si risparmia, ha fatto della sua arte la sua vita, senza di essa non potrebbe stare. «Quando faccio uno spettacolo, sto già pensando al successivo, non mi piace rallentare in questa corsa dell’arte, mi piace esserci».
La sua carriera tra musica, cinema e teatro è stata benedetta da grandissimi incontri…«Elencarli tutti è una impresa ardua, anche se tra i più pregnanti ci sono Mauro Bolognini e Cesare Zavattini. Mi volevano tutti bene. Luchino Visconti mi fece un provino per un film su “Caruso in America”. Io intonai l’aria de “I Pagliacci” e per poco non mi si spezzarono le corde vocali. Capii che noi cantanti leggeri siamo un pallido surrogato di quelli lirici. Luchino se ne andò di lì a sei mesi e il film non si fece. Ma mi aveva scelto e raccontato la scritta sull’immagine finale: “…E tornò per morire a Napoli” ». Un’epitaffio anche per lui.
Ma un suo ricordo ancora nitido, perfetto, che potrebbe quasi toccare con mano, è quello per Anna Magnani, donna e attrice unica: una stella della porta accanto. Antidiva per eccellenza, Anna Magnani è stata una figura chiave del neorealismo italiano, interpretando con stile inimitabile il personaggio della popolana focosa e sboccata, ma allo stesso tempo sensibile e generosa, incarnazione dei valori genuini di un’Italia minore. «Quando penso a lei, penso ai suoi occhi, meravigliosamente accesi e capaci di fulminare quando dovevano dire qualcosa. Aveva intorno tanti lacché e sapeva come liberarsene. Nel 1971 girai con Nannarella il film tv “Sciantosa”, diretto da Alfredo Giannetti. Era sempre circondata da lacchè che fulminava con uno sguardo. Per me era una madre. In una pausa delle riprese venne da me strimpellando una chitarra. Intonò “Reginella”. E io: “Anna, non la conosco questa!». Lei sgranò gli occhi: “Ahò, e che cazzo de napoletano sei?” ».
Da Anna Magnani a Vittorio De Sica, uno dei miti più internazionali del cinema italiano degli anni ’50, il passo è davvero breve: «Lo incontrai a Montecarlo, cantavo in un gala per Ranieri – quello vero. Fu un concerto orribile. De Sica era in prima fila. Venne a trovarmi in camerino, mi prese le guance tra le mani: “Figlio mio bello, con questa voce che ti ritrovi, perché non canti in napoletano?”. Io replicai: “Accetto la sfida, però voi mi curate la regia teatrale”. E così fu, quarantuno anni fa, proprio al teatro Sistina, con le riprese Rai».
Altro legame inossidabile di amicizia fraterna è quello che lega Massimo Ranieri a Gianni Morandi, due grandissimi artisti amati e benvoluti dal pubblico, soprattutto femminile: «Io e Gianni siamo i figli d’Italia: in oltre quarant’anni di carriera ormai facciamo parte delle famiglie italiane, noi ci siamo fin dai tempi in cui in televisione c’erano solo due canali, le persone hanno avuto modo di conoscerci, e sanno che al nostro mestiere noi diamo tutto. Con grande sincerità, senza elucubrazioni cantiamo la grande melodia italiana.»
Massimo Ranieri 07Viene naturale parlare con Massimo Ranieri di quelle che sono le sue molteplici capacità, dalla musica al teatro, dalla tradizione al cinema, fino ad arrivare alla televisione e alla sua grande voglia di poter essere sempre un punto di trasmissione e di interesse per il pubblico, alla sfera femminile, sempre presente nei suoi vari spettacoli. «Il rapporto con il mondo femminile è quello che hanno tutti gli uomini: da perdente! Lo scettro lo hanno in mano sempre loro… C’è poco da lottare, tanto vincono sempre loro. Da giovane fai a “cazzotti”, ti prendi a schiaffi, ti arrabbi, poi, quando capisci l’universo femminile, ti rendi conto che l’amore non è lotta, non è una guerra. Le schermaglie sono divertenti, ma poi tutto deve fluire, senza asti. In amore non ci sono né vincitori né vinti… comunque alla fine comandano le donne e a me piace essere guidato!»
L’universo femminile è sempre stato importante nella vita del poliedrico artista partenopeo, che ha le idee chiare quando gli chiediamo se a suo avviso le donne di oggi sono meno romantiche, oppure apprezzano ancora le mitiche rose rosse…
«Oggi le donne si travestono da guerriere, ma per delle mancanze dall’altra parte, perché gli uomini sono sempre stati più immaturi, e anche da adulti rimangono un po’ infantili. Per un uomo è più difficile entrare nell’ottica dell’amore vero e duraturo, tende piuttosto a scappare, per questo la donna diventa più agguerrita, ma proprio quando si indurisce è anche il momento in cui vuole essere conquistata. E allora sì, con una rosa rossa ritorna tutto il suo romanticismo e diventa la donna che abbiamo sempre sognato».
Per il nostro Bel Paese ridotta ormai a una povera donna in balìa di confusione, rabbia e proteste invece, solo spine altro che rose…«L’Italia è il paese più bello del mondo e tutti si approfittano di questa terra meravigliosa, senza dare nulla in cambio: purtroppo gli italiani non provano un amore viscerale per il loro paese, a differenza dei francesi, ad esempio, per i quali tutto è W la France. Noi invece siamo troppo campanilisti, e adesso ci inculcano la separazione tra Nord e Sud: ma come? Esiste solo lo Stivale, ricco di arte, bellezza e cultura che tutto il mondo ci invidia».
A differenza di tanti, troppi colleghi capaci di cambiare idee e colore politico dalla sera alla mattina, Ranieri è sempre rimasto fedele alle sue idee di sinistra. «Ho fiducia in Enrico Letta e Matteo Renzi, in questo periodo di grande confusione, dove la politica è sbrindellata. Grillo non mi convince più».
La Cultura, per Massimo Ranieri, è l’ingrediente principale per sperare in un futuro migliore: «Un Paese senza cultura, come diceva Garcia Lorca, non ha futuro, non ha domani. E’ stato detto che con la cultura non si “mangia”, una frase non solo stupida, ma sbagliata, perché solo ripartendo da quello che abbiamo e che ci rende unici al mondo potremo tornare a crescere. E’ quello di cui ha bisogno qualsiasi Paese e, in questo momento di crisi, ancora di più. Non dimentichiamo che, proprio la cultura, dà la possibilità di creare nuovi posti di occupazione per i giovanissimi. in Francia Sarkozy trovava fondi, qui tagliano. Anni addietro andai all’Odeon di Parigi con Strehler: ogni palchetto era dedicato a uno dei loro padri nazionali. Diderot, Montesquieu… Qui, se ci mettessimo a onorare i nostri, dal Rinascimento al Risorgimento, da Dante a Verdi passando per Leonardo e Michelangelo, forse capiremmo che l’avvenire si fonda anche sulla forza del nostro passato. In ogni campo».
Quinto di otto figli, Giovanni Calone cresce nel borgo di Santa Lucia, zona popolare del quartiere napoletano di Chiaia, ha calcato con encomiabile bravura ogni tipo di scena, dal teatro, al cinema o in televisione, ma non riesce a stabilire quale sia quella nella eccelle maggiormente: «È una domanda a cui non riesco a rispondere, perché ognuna di queste discipline si interseca con l’altra. L’una ha bisogno dell’altra. E anch’io, da parte mia, ho bisogno di tutte e tre. Non posso farne a meno».
Da poco meno di tre mesi ha inciso con Mauro Pagani «Senza ’na ragione», un cd di canzoni napoletane, repertorio che pare inesauribile… «Lo è. Pensi, a oggi sono state catalogate 27 mila canzoni napoletane. Per incidere il mio primo album ne ascoltai 3.700 e 2.500 per il secondo. Stavolta, oltre ai classici, ho messo anche quelle dei grandi cantautori dagli Anni 70 in poi».Massimo Ranieri 04
Oltre a “Sogno e Son Desto”, Massimo Ranieri è in tournée in giro per l’Italia anche con lo spettacolo “Viviani Varietà”: «Racconta le prove di uno spettacolo di Raffaele Viviani, a bordo del piroscafo Duilio in viaggio da Napoli a Buenos Aires nel 1929, con la regia di Maurizio Scaparro».
Il 2014 è un anno speciale per Massimo Ranieri, perché festeggia i 50 anni di carriera, ma la come sua consuetudine mantiene un profilo basso: «Nessuna celebrazione, non ci penso… è un successo poterlo dire! Sono sempre stato caparbio e onesto sia come persona che come artista. Non so se sia cambiato, ma l’importante è non smettere mai d’emozionarsi: dopo tanti anni di carriera io ho sempre bisogno di salire sul palco per sentire il calore del pubblico, che ogni volta mi restituisce un’emozione diversa ma sempre intensa».
In una carriera costellata da fragorosi successi è inevitabile qualche rimpianto: «Sicuramente non essere andato a scuola. Aver rifiutato 35 anni fa un film con Vincente Minelli, perché all’epoca non ne compresi la grandezza; e non aver accettato l’invito di Luciano Berio quando mi voleva per una versione rivisitata de “L’opera da tre soldi”. Ma ero alle prese con tante meravigliose serate nelle balere. Una grande scuola che oggi nessuno fa più».
Una vita piena di successi, ma anche di rinunce per l’eclettico artista napoletano, uomo di grandi ideali e valori: «Mi manca una famiglia, perché, con mio grande rammarico, non ne ho una. O meglio ne ho una molto grande che è fatta dai miei fratelli, nipoti e pronipoti e da mia madre, di cui mi sono occupato sin da giovane. Ma non ne ho potuto costruire una nuova. Se potessi rinascere o in una prossima vita, lo farò».
Ci confida nelle fasi conclusive della nostra piacevole chiacchierata una piacevole collaborazione con Adelmo Fornaciari detto Zucchero e Francesco De Gregori. «Con Zucchero sicuramente per la sua simpatia e quel respiro internazionale che hanno sempre i suoi lavori. De Gregori, invece, lo incontro tra poche settimane e gli ho anche chiesto di scrivermi un pezzo. Speriamo…».
Sul suo erede non ha alcun dubbio: «Tiziano Ferro. Ha 34 anni e una certa caratura. Nelle sue cose c’è spessore, e quando non ha niente da dire se ne sta in un cantuccio. Non esce per forza con un cd. Non è poca cosa».
Non si pone limiti per il prossimo futuro tra cinema, oppure fiction: «Perché no? Appena troverò un copione e un personaggio giusto».
Massimo è un uomo semplice, racconta, ride, fa battute in napoletano e racconta come sia affascinato e innamorato da quel che la vita gli dona tutti i giorni. Va bene così. Attimo dopo attimo. E’ bello, che sia davvero così Massimo Ranieri. Un grande uomo, un grande artista di sempre e per sempre…!!!
Saverio Albanese

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