Haute Couture come prezioso legame tra arte antica e contemporanea, come espressione di una solida tradizione e di una colta trasgressività riflesse nella performance di Anton Giulio Grande, che sceglie per la sua presentazione a Roma la Galleria d’Arte Benucci, scrigno di grandi artisti del passato e del presente.
Tra sculture di Giorgio De Chirico, Igor Mitoraj e Fernando Botero, tele di Luca Signorelli, Giambattista Tiepolo e Luca Giordano in contrapposizione alla contemporaneità di Giacomo Balla, Piero Manzoni e Luca Pignatelli, la moda si scompone e ricompone secondo i capricci del tempo.
Abiti che interagiscono con le opere esposte, ricreando atmosfere, sensazioni, emozioni, che prendono vita in piccole pièce con le modelle trasformate in raffinati mimi. Su un settecentesco letto a baldacchino tra opulenti velluti e sete d’epoca una vanitosa cortigiana si specchia fasciata in un tubino rosso asimmetrico dal provocante taglio a oblò su un fianco.
Rivivono nella Galleria di Ida Benucci il bisbigliare dei salotti e la sontuosità di banchetti raccontati attraverso la provocazione della moda e la creazione di acconciature e trucchi da set cinematografico.
Specchi barocchi per riflettere scollature profonde, spacchi audaci, trasparenze, merletti, ricami, piume, frange, rouches, tutti strumenti di eccessiva vanità, ma da sempre propri a quel mondo così sensuale di Anton Giulio Grande, che ancora tesse a telaio, ricama a mano, attinge ai ricordi artigianali della sua terra, la Calabria.
Gli abiti di pizzo giocano su tagli e trasparenze che svelano il corpo esaltandone la carnalità, sono lavorati con piume di struzzo come anche la mantella color ambra e le piccole giacche. I bustier sono steccati e stringati come nel 700, per valorizzare i fianchi ed il decolleté, l’abito di macramè e velluto tessuto a telaio, rivisita forme e disegni rinascimentali, impreziosendoli con piume di gallo cedrone a guarnizione dell’orlo e della gorgiera. Le sofisticate code a pavone di taffetà plissettato sono costruite da tante rouches sovrapposte. Le schiene e le gambe si coprono e scoprono in un ondeggiare incessante di frange e cristalli.
Si fronteggiano due mezzi di trasporto, la sfarzosa portantina dorata del 700 appartenuta ai regnanti di Casa Savoia e la versione della BMW R nineT decorata dai tattoo del Maestro Marco Manzo, entrambe simboli di un lusso raffinato e colto di epoche diverse, ma anche evoluzione tecnica ed artistica del mezzo di trasporto che in ogni caso utilizza sempre l’arte e la creatività come linguaggio universale, anche a distanza di secoli. La prima, accompagna i suoi preziosi dipinti e gli interni in velluto rosso e oro zecchino ad un abito sirena color miele giocato sulle trasparenze e interamente ricamato da ramage di jais e cristalli, arricchito da una leggera mantella plissettata con guarnizioni di pizzo e piume di struzzo. La seconda, dipinta come una tela con una minuziosa tecnica manuale di lavorazione a rilievo composta da tante infinite e minuscole gocce color oro, mette in mostra una centaura d’Haute Couture in giacca asimmetrica di raso nero indossata su leggings in pizzo tempestati di swarovski.
Una contrapposizione continua tra antico e moderno, una visione della moda tra frammenti di arte e cultura, tra quella genialità e sregolatezza che ne sono da sempre la sua linfa vitale.
Il ritorno a Roma di Anton Giulio Grande è stato acclamato da tanti giornalisti del settore in modo molto favorevole come Jo Squillo, Cinzia Malvini, Mariella Milani, Grazia Pitorri di Elle.it, anche da tanti personaggi del modo della moda ore Santo Versace e della tv come Kaspar Capparoni, Patrizia Pellegrino, Elisabetta Pellini.